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Cosa ti succede?

Elasti-pensieri prima che sorga il sole

«Wow!»
«…»
«Accidenti!»
«Be’?»
«Che eleganza!»
«Sei aggressiva oggi!»
«La smettete?»
«Cosa ti succede?»
«Niente»
«Ci stai nascondendo qualcosa?»
«Assolutamente no!»
«Dai, su, dicci la verità!»
«Dove devi andare dopo?»
«Da nessuna parte!»
«E perché ti sei vestita da gara?»
«Non sono vestita da gara!»
«Chi devi sedurre? Con gli amici non bisogna avere segreti».
«Ma non…»
«Ok. Tranquilla. Se non lo vuoi dire, capiamo. Comunque, vestita così, non ce la racconti giusta».

Erano le sei di un mattino qualunque. No, non ero in guêpière. Non ero fasciata da un vestito da sirena. Non ero avvolta da piume di struzzo né indossavo una tutina da catwoman. Non portavo calze a rete e nemmeno degli stivali con i tacchi. E non somiglio neppure a Jessica Rabbit.
Avevo dei collant super coprenti marroni, da educanda o da suora laica, una gonna casta, un maglione sobrio e un paio di scarpe basse. Ero l’immagine della normalità, appena sopra la soglia del decoro. 
E allora perché i miei colleghi erano così sorpresi?
L’ho capito solo quel giorno, di fronte alla loro cerimonioso e diffidente stupore.
Il problema è che, da quando mi sveglio alle 4,20 del mattino, i miei standard estetici, e non solo, sono progressivamente, inesorabilmente caduti a picco.
Per risparmiare preziosi minuti di sonno, non mangio, non mi trucco, non mi pettino, mi lavo la faccia con parsimonia e indosso i primi stracci che incontro sulla mia strada, tra il letto e l’armadio.
La radio non ha bisogno di orpelli, di fronzoli e nemmeno del vestito da catwoman. 
Tuttavia, forse, mi sono fatta prendere un po’ la mano.
La sciatteria è un morbo seducente e irresistibile. A cui devo ribellarmi.
Almeno una volta la settimana, all’alba, lo prometto, mi pettinerò e penserò, prima di vestirmi.
Lo farò per me. E anche per evitare che i miei colleghi pensino che abbia un amante, una tresca, un segreto, ogni volta che provo a essere normale.

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