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Ius soli, fa più la pala che il Parlamento

Li vedo al mattino mentre vado in ufficio: in piccoli gruppi, chiacchierano di professori, di ragazze, di sport e di musica hanno la stessa bellezza, gli stessi sorrisi e spesso la stessa faccia da schiaffi dei ragazzi vicentini doc. Li ho visti i gruppi di ragazzi senegalesi, sorridenti e casinisti, mentre armati di pala e secchi andavano a pulire le cantine alluvionate insieme alla “meglio gioventù” nostrana. Lo “ius soli” prima che nella legge è nei fatti. Ma parliamo di un paese che ha 200 miliardi di debito pubblico, il mio stipendio me lo sta pagando mio nipote, che in una città non piccola e non unica come Taranto, deve decidere se morire di cancro o di fame, dove tendenzialmente stiamo spostando l'età della pensione al “fine vita”, quella che vale la pena di vivere almeno. Agli sportelli INPS insieme ai pensionati che cercano di grattare un soldo per rinpinguare la propria pensione si trovano “badanti” che chiedono di ricevere gli assegni familiari per i propri figli rimasti in patria o giovani extracomunitari che chiedono la pensione per i loro genitori 65enni a fronte di nessun contributo versato. Di fronte a questa situazione lo “ius soli” da legge sacrosanta diventa un potenziale grimaldello col quale qualche benpensante affetto dal politicamentecorrettese può decidere di attaccarci chissà quale diritto ormai insostenibile psicologicamente oltre che economicamente da una gran fascia di popolazione.

A. Cappelli

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