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La biblioteca universitaria di Bologna

Per l’apertura serale della biblioteca Raimondi di Bologna è stato necessario assicurarsi che questa fosse usata solo per le attività istituzionali e non come sala d’incontri notturni anche da parte di coloro, spesso non studenti e spacciatori, che occupano la limitrofa piazza Verdi da quando negli anni 70-80 per le tensioni con l’allora rettore  e per il fatto che studenti non elettori il Comune decise di farne una zona franca da controlli e poi non è più riuscito a ripulirla da persone in generale estranee all’Università. Con i fornelli apribili con il proprio tesserino o la scheda del personale dotati di CIP sarebbero stati elencati chi accedeva e poi regolarmente usciva, mentre sarebbero stati registrati chi per occupazioni si sarebbe trattenuti dopo l’orario di apertura. E comunque sarebbero stati esclusi i non aventi diritto. Il CUA che rappresenta una componente studentesca sotto l’1% voleva utilizzare i locali per assemblee dove avrebbero votato a tarda notte solo i loro militanti superando così sia i rappresentanti eletti negli organi di rappresentanza e gli studenti impegnati in esami e quindi che non possono saltare il regolare riposo. Questa tentata sopraffazione è dimostrata delle migliaia di firme di studenti contro le prepotenze del gruppetti del CUA. Dopo la distruzione dei controlli all’accesso accettare la violenza distruttiva non può essere elencato nella comprensione delle legittime esigenze degli studenti, ma riconoscere ai violenti l’esclusiva del confronto con le autorità accademiche, i docenti escludendo chi vuole studiare o magari distrarsi con la lettura. A che altro devono servire le biblioteche? Per questo mi paiono ingiuste le osservazione del conduttore a cui non manca l’intelligenza e la professionalità.
Saluti, Jacopo Di Cocco
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